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COMPRENSIONE E MEMORIA

Tratto da E. De Zuani “Comprensione e memoria di storie nei bambini”: alcune implicazioni educative, contenuto in A. Cavedon, La lettura, ERIP Editrice, Pordenone, pp. 121-130.
Il saggio di De Zuani riporta la bibliografia originale, presente alla fine di questo testo.

Comprensione e memoria di storie nei bambini: alcune implicazioni educative
Fattori che incidono nella comprensione e nel ricordo di un testo
In linea generale la comprensione e il ricordo di un testo dipendono da una larga varietà di fattori, alcuni legati alle condizioni inerenti al testo stesso, come la complessità, la lunghezza, la familiarità del contenuto, il grado di coesione testuale; altri legati alla motivazione del bambino e al tipo di istruzione precedente; altri ancora relativi alla memoria a breve e a lungo termine.

Ci sono molti modi per studiare il tipo di comprensione e di memoria che il bambino ha del testo.
Si può misurare il tempo che il bambino impiega a leggere il testo, con l’assunzione che quanto più questo è complesso dal punto di vista sintattico e/o semantico, tanto più lunghi saranno i tempi di lettura. Inoltre ci si può servire di compiti che valutano la capacità inferenziale del bambino, facendogli domande relative all’organizzazione causale, temporale, referenziale del testo (perché, che cosa, come ecc.), oppure facendogli decidere se una frase di inferenza che si propone è vera o falsa rispetto al testo.Si può valutare la memoria relativa al testo, con l’assunzione che dalla performance mostrata nei vari compiti sia possibile studiare non solo le varie capacità relative alla memoria, ma si possa anche risalire a che cosa è stato codificato e come è stato rappresentato il testo; si possono usare prove di ricordo libero; prove di riconoscimento, prove di ricostruzione per vedere se c’è differenza nella performance dei bambini di diversa età; se il ricordo guidato è più accurato del ricordo libero, se il ricordo immediato varia rispetto al ricordo richiesto a distanza di tempo; se il riassunto scritto è simile all’orale e così via. Ognuna di queste prove contribuisce a mostrare in maniera più specifica le capacità del bambino, dipendentemente dall’età e dal tipo di testo dato.

In qualunque modo si voglia studiare il problema della comprensione e della memoria, è comunque necessario che venga fatta in via preliminare un’analisi del testo, al fine di conoscerne la struttura.
Nella letteratura sono stati recentemente offerti vari modelli di analisi del testo, che hanno spesso la caratteristica di fornire una descrizione astratta della struttura e poi applicarla a un dato testo.
Una prima osservazione è che ogni modello è costruito in vista di un determinato tipo di testo a cui esso si applica, piuttosto che essere generalizzabile a tutti.
Numerose sono le grammatiche di storie, disponibili, sostenute e convalidate da una vasta sperimentazione. Citiamo le ricerche di Black e Bower. 1980; di Bower, 1976; di Mandler e Johnson, 1977; di Rumelhart, 1975 – 1977; di Thorndyke. 1977), di Stein e Glenn, 1978; e ci soffermiamo su quest’ultima in quanto presenta caratteristiche più semplicemente descrivibili.La Grammatica delle storie di Stein e Glenn
In essa l’episodio viene definito come un insieme di categorie di informazioni: ognuna di esse svolge una determinata funzione, e sono collegate tra loro tramite relazioni logico-causali.
Secondo Stein e Glenn una storia inizia dando informazioni relative all’Ambiente, ovvero al tempo, al luogo nel quale si volge la storia ed alle caratteristiche del personaggio principale.

L’Ambiente è seguito dall’episodio, che è formato da cinque categorie:
1) L’evento iniziale: segnala un cambiamento avvenuto nell’ambiente in base al quale il protagonista progetta un piano d’azione.
2) La risposta interna: comprende la mèta e gli stati emozionali e cognitivi del protagonista.
3) Tentativi: rappresentano una o più azioni per raggiungere la mèta.
4) Conseguenze: dipendono dal raggiungimento della mèta.
5) Reazione: può includere diversi tipi di informazioni. Generalmente consiste in sensazioni, pensieri del protagonista in relazione alle conseguenze del tentativo.Oltre all’ambiente, tre di queste categorie sono necessarie per la completezza di un episodio: evento iniziale, tentativo, conseguenza.
Va rilevato che la maggior parte delle storie non possiedono una struttura cosi semplice, ma, al contrario, spesso sono formate da molteplici episodi.
In tal caso un primo episodio può causare direttamente l’accadere del successivo (relazione “causale”), può rappresentare una pre condizione necessaria per l’avverarsi del secondo (relazione “poi”) o essere semplicemente collegato al successivo dalla relazione, “e”. Come hanno dimostrato sia Stein e Glenn (1977) che Mandler e Johnson (1977) il ricordo è migliore qualora gli episodi siano collegati con un nesso causale.

La struttura ideale facilita la comprensione e il ricordo
In realtà, la maggior parte delle storie utilizzate, soprattutto nell’ambito scolastico, non presentano una struttura ottimale.
Spesso, infatti, vengono omesse od invertite delle categorie e si pone quindi il problema di analizzare il comportamento del bambino, di fronte alla presentazione di storie “mal strutturate”, ovvero non corrispondenti alle sequenze previste dalla grammatica delle storie.
Riuscirà il bambino ad integrare le informazioni mancanti e riorganizzare la storia?
Studi recenti (Stein e Glenn, 1977 e Mandler e Johnson, 1977) indicano che bambini di 6-7 anni sono in grado di riorganizzare gli eventi della storia e di aggiungere, se necessario, alcune inferenze, utilizzando sistematicamente delle regole perché il loro ricordo, risulta più conforme alle sequenze attese sulla base dello schema, piuttosto che al materiale presentato.
Di conseguenza è consigliabile, affinché il bambino comprenda e ricordi accuratamente una storia, proporgli del materiale che presenti determinate caratteristiche sia di struttura che di contenuto.
Infatti la presenza delle categorie principali, le connessioni formate con la relazione “causa”, la familiarità del contenuto legato alla sua conoscenza, aumentano le capacità dei bambini di ricordare gli eventi di una storia nel loro corretto ordine (Mandler e Johnson, 1977 – Stein e Glenn 1977).

Alcuni fattori di tipo cognitivo incidono nella comprensione e nel ricordo Sono stati condotti alcuni studi per individuare alcuni fattori di tipo cognitivo che influenzano lo sviluppo della comprensione delle storie.
Secondo Goldman (1982). uno di questi fattori è rappresentato sicuramente dalla conoscenza di quanto concerne le “mète” cioè le motivazioni utili a prefiggersi una meta, i piani per ottenerla e gli ostacoli che impediscono il suo raggiungimento.
Quando queste conoscenze non sono completamente a disposizione del bambino, sarà carente la comprensione della storia, in quanto il suo svolgimento per categorie come si è visto è imperniato sulla mèta che il protagonista tenta, con esito positivo o negativo, di raggiungere.
Un altro fattore che influenza la comprensione delle storie è la conoscenza delle interazioni sociali e la comprensione di piani interattivi portati avanti da personaggi diversi.
Quando la storia presenta un conflitto di piani, nel senso che compare un antagonista, i bambini spesso la interpretano come se si trattasse di una storia ad un solo protagonista (Bisanz, 1982).
E’ stato però rilevato da altri studi (Stein e Trabasso, 1982 b), che i bambini anche di cinque anni sanno inferire le mète diverse prefissatesi, se i due personaggi sono esplicitati e se possono rendersi conto che il raggiungimento di una mèta incide sulla mèta dell’altro.
Indicazioni educative nella lettura di storie
Come si può sollecitare il soggetto a compiere una maggior elaborazione del materiale a disposizione nelle storie?
La ricerca ha dimostrato che, se le domande vengono poste immediatamente dopo la lettura del brano, esse sono di gran lunga più efficaci che non quando vengono annunciate al soggetto prima della lettura.
I migliori risultati tuttavia si ottengono (Frase 1967; 1971) quando le domande vengono poste durante la lettura dell’insegnante e, invece che alla fine del testo, dopo ogni suo paragrafo e meglio ancora se vengono poste dopo due paragrafi. Dal punto di vista educativo, infatti questo tipo di studi ci porta a concludere che è più efficace far si che il soggetto ricavi da solo e integri le informazioni salienti, tramite inferenze, riposte a domande ecc., sollecitandolo a compiere uno sforzo attivo di elaborazione durante la fase di ascolto, piuttosto che alla fine.

Conclusioni
In questo lavoro si è visto il ruolo della struttura del testo: se è una struttura ben formata, sulla base delle sequenze predette dalla grammatica delle storie, la codifica delle informazioni e la loro integrazione sarà più semplice.
Di conseguenza, in base all’assunto che una migliore comprensione darà un migliore ricordo, se la struttura della storia corrisponde alla struttura ideale, anche bambini di età prescolare dimostreranno una buona capacità di ricordo.
E’ stato evidenziato anche che la capacità di elaborazione spontanea del materiale aumenta con l’età, per cui bambini di otto anni saranno più abili nel trarre inferenze dal testo di quelli di cinque.
Si sono poi messi in luce alcuni aspetti relativi al campo educativo, con l’intento di vedere come sia possibile far aumentare l’elaborazione del materiale. E’ risultato utile porre delle domande durante la lettura in modo che il soggetto, focalizzando l’attenzione su parti importanti del testo, tragga inferenze utili all’integrazione delle informazioni.
Inoltre sarà importante fornire i soggetti di una base di conoscenza a cui essi possano rifarsi inserendovi le nuove informazioni.
Ancora, sarà importante fornire ai bambini esperienze legate alla soluzione dei problemi e ai piani per raggiungere una mèta; ed esperienze legate a situazioni reali di interazione sociale, per sviluppare in loro nuove conoscenze che gli serviranno ad interpretare in maniera corretta lo svolgimento completo della storia.BIBLIOGRAFIA
– Bartlett F.C. (1932), Remembering. Cambridge University Press. Cambridge, England.
– Bisanz G.L. (1982), Knowledge of persuasion and story comprehension: developmental changes in expectations. in “Discourse Processes”, 5. 245-278.
– Black J.B. e Bower G.H. (1980), Story understanding as problem-solving. in “Poetics”, 9, 223-250.
– Bower G.H. (1974), Selective facilitation and interference in retention of prose, in: “Journal of Educational Psychology”, 66, 1-8.
– Brown A.L. (1975). Recognition, reconstruction and recall of narrative sequences by preoperational children. in: “Child Development”, 46, 156-166.
– Brown A.L. e French L.A. (1976), Construction and regeneration” of logical sequences using causes or consequences as the point of departure, in: “Child Development”. 47, 930-940.
– Brown A.L. Smiley S.S. Day J.D.. Towsend M.A.R. e Lawton S.C. (1977), Intrusion of a thematic idea in children’s comprenhension and retention of stories, in: ” Child Development”, 48, 1.454-1.466.
– Di Sibio M. (1982). Memory for connected discourse: a constructivist view. in: “Riview of Educalional Research”, 52, 149-174.
– Frase L.T. (1967), Learning from prose material: length of passage. Knowledge of results and position of questions, in: “Journal of Educational Psychology”, 58, 266-272.
– Frase L.T. (1971), Effect of incentive variables and type of adjunt questions, in: “Journal of Educational Psycliology”, 62, 371-375.
– Goldman S. (1982), Semantic knowledge system for realistic goals, in:”Discourse Processes”, 5. 279-304.
– Kintsch W. (1974), The representation of meaning in memory, LEA. Hillsdale. New Jersey.
– Landis T.Y. (1982), Interactions between text and prior knowledge in children’s memory for prose, in: “Child Development”, 53. 811-814.
– Mandler J. (1982), Some uses and abuses of a story grammar. in: “Discourse Processes”. 5. 305-318.
– Mandler J.M. e Johnson N.S. (1977), Remembrance of things parsed:story structure and recall, in: “Cognitive Psychology”, 9. 111-15-1.
– Nezworski M.T, Stein N.L. e Trabasso T. (1982), Story structure versus content offects on children’s recall of evaluative inferences, in:”Journal of Verbal Learning and Verbal Behavior”, 21, 196-206.
– Omanson R.C.. Warren L. e Trabasso T. (1978), Goals, inferential comprehension and recall of stories by children, in: “Discourse Processes”, 1, 337-354.
– Paris S.G. e Lindauer B.K. (1976), The role of inference in children’s comprehensions and memory for sentences. in: “Cognitive Psychology”. 8. 217-227.
– Piaget J. (1923), Le language et la pensée chez l’enfant, Delachaux et Niestlé, Neuchatel(trad. it. Il linguaggio e il pensiero nel fanciullo. Ed. Universitaria, F’irenze, 1962).
– Rumelhart D.E. (1975). Notes on a schema for stories. In: U.G. Bobrow e A.M. Collins (a cura di) Representation and understanding studies in cognitive science, Academic Press. New York.
– RumeIhart D.E. (1977), Understanding and summarizing brief stories. In: D. Laberge e S.J. Samuels (a cura di) Basic processing in reading:perception and comprehension, LEA, Hillsdale, New Jersey.
– Stein N.L. e Glenn C.G. (1977), The effects of increasing temporal disorganization on children’s recall of stories. Presentato alla Conferenza della Society for Research in “Child Development”, New Orleans.
– Stein N.L. e Glenn C.G. (1978), How children understand stories: a developmental analysis. In L. Katz (a cura di) Current topics in early childhlood education, voi. 2, Ablex Inc., Hillsdale, New Jersey.
– Stein N.L. e Nezworski T. (1978), The effects of organization and instructional set on story memory. in: “Discourse Processes”. 1, 177-194.
– Stein N.L. e Trabasso T. (1982b), Children’s understanding of stories: a basis for moral judgment and dilemma resolution. In C.J. Brainerd e M. Pressley (a cura di) Verbal processes in children, vol. 2, Sprinter – Verlag. New York.
– Thorndyke P.W. (1977), Cognitive structures in comprehension and “memory of narrative discourse, in: “Cognitive Psychology”. 9, 77-110.

ELENCO DELLE FUNZIONI

La struttura ideale nella “Grammatica delle storie” di Stein e Glenn

SEQUENZA DELLE FUNZIONI DOMANDE A CUI LE FUNZIONI RISPONDONO
Ambiente:
– Personaggio
– Caratteristiche del personaggio
– Tempo
– Luogo
Chi è il personaggio principale della storia?
Dove siamo?
Quando avviene la storia narrata?
Evento iniziale:
– Fatto esterno
Che cosa accade di nuovo?
Risposta interna:
– reazione al fatto accaduto e obiettivo
Che cosa pensa il protagonista di quanto è successo?
Quale problema vede?
Che cosa decide di fare?
Tentativi:
– azioni per ottenere l’obiettivo
Che cosa fa il protagonista per raggiungere il suo obiettivo?
Conseguenze:
– eventi successivi ai tentativi
Che cosa ottiene con i suoi tentativi?
Reazione:
– riflessione del protagonista o fuori campo
Che cosa pensa di se stesso?
Che cosa pensa la gente di lui?
Qual è la morale della storia?

ESEMPI DI ANALISI DI TESTI

Un esempio di storia con struttura ideale

AMBIENTE C’era una volta un robot chiamato Tilt 89.
Abitava in un altissimo grattacielo posto al centro della città.
EVENTO INIZIALE Una notte, un ladro penetrò proprio nella stanza di Tilt 89.
RISPOSTA INTERNA Il robot se ne accorse e decise di intervenire.
TENTATIVI Accese immediatamente le sue antenne luminose e queste lampeggiarono nel buio come le sirene della polizia.
CONSEGUENZE Così il ladro scappò a gambe levate.
REAZIONE Il robot Tilt 89 si sentì molto fiero del suo coraggio perché aveva fatto fuggire il ladro e anche perché tutti i robot del vicinato erano andati a congratularsi con lui.

Un esempio di storia con struttura non ideale

Il passero e la colomba
Un giorno un passero chiese ad una colomba: “Secondo te, quanto pesa un fiocco di neve?”
Un nonnulla, rispose la colomba.
Allora ti racconto una storia meravigliosa riprese il passero.

AMBIENTE Stavo sul ramo di un abete, proprio vicino al tronco, e vedevo calare la neve.
EVENTO INIZIALE Niente
RISPOSTA INTERNA Dal momento che non avevo nulla da fare,
TENTATIVI mi misi a contare i fiocchi che si posavano sui ramoscelli e sugli aghi del mio ramo. Ne contai tremilionisettecentoquarantunmilanovecentocinquantadue. Quando il tremilionisettecentoquarantunmilanovecentocinquantaduesimo cadde sul ramo, un nonnulla come dici tu,
CONSEGUENZE il ramo si spezzò.
REAZIONE Niente

ESEMPIO DI STORIA MODIFICATA

Un esempio di storia con struttura non ideale successivamente modificata

Il passero e la colomba
Un giorno un passero chiese ad una colomba: “Secondo te, quanto pesa un fiocco di neve?”
Un nonnulla, rispose la colomba.
Allora ti racconto una storia meravigliosa riprese il passero.

FUNZIONI Storia con struttura ideale
AMBIENTE Stavo sul ramo di un abete, proprio vicino al tronco,
EVENTO INIZIALE quando cominciò a nevicare, non una tempesta furiosa, ma proprio come in un sogno, dolcemente, silenziosamente.
RISPOSTA INTERNA Ne fui stupito e non mi sentii in pericolo, perciò dal momento che non avevo nulla da temere, decisi di mettermi a contare i fiocchi per vedere cosa sarebbe successo.
TENTATIVI Contai i fiocchi che si posavano sui ramoscelli e sugli aghi del mio ramo e ne vidi tantissimi,
CONSEGUENZE finchè il ramo si spezzò e dovetti volare su un ramo più in alto.
REAZIONE Forse, pensai, è proprio così che succede:”Un fiocco di neve da solo non vale nulla, ma se un fiocco di neve si posa insieme ad altri mille fiocchi sullo stesso ramo, lo spezza e ti costringe a volare più in alto. La colomba, autorità in materia fin dai tempi di Noè, ci pensò un poco e poi disse:”Hai ragione! Forse manca ancora il peso di un nonnulla.”

ELENCHI DI OBIETTIVI DI LETTURA E SCRITTURA

Obiettivi ok e non ok

Esempi di obiettivi formulati in modo intersoggettivo Esempi di obiettivi da formulare in modo maggiormente intersoggettivo
Dati il testo della storia “La donna e la gallina”, già diviso in funzioni, e una lista in disordine di didascalie, l’alunno ricopia al posto giusto la didascalia adatta a ciascuna funzione.
Tempo: 20 minuti.
Criterio di padronanza: 6/6.
Dati il testo della storia “La donna e la gallina”, già diviso in funzioni, e una lista in disordine di didascalie, l’alunno trova le risposte esatte.
Tempo: 20 minuti.
Criterio di padronanza: 6/6.
Dati il testo della storia “Tilt 89” e l’elenco dei nomi delle funzioni, l’alunno divide il testo in funzioni tracciando una linea con la matita al termine di ciascuna funzione e ricopiando
a fianco il nome della funzione.
Tempo: 10 minuti.
Criterio di padronanza: 6/6.
Dati il testo della storia “Tilt 89” e l’elenco dei nomi delle funzioni, l’alunno divide il testo in funzioni.
Tempo: 10 minuti.
Criterio di padronanza: 6/6.
Dati il testo della storia “Tilt 89”, già diviso in funzioni, e l’elenco dei nomi delle funzioni, l’alunno incolla a fianco del nome della funzione la didascalia esatta.
Tempo: 10 minuti.
Criterio di padronanza: 6/6.
Dati il testo della storia “Tilt 89”, già diviso in funzioni, e l’elenco dei nomi delle funzioni, l’alunno incolla a fianco del nome della funzione la didascalia esatta.
Tempo: 10 minuti.
Dato il testo della storia “Tilt 89” già diviso in funzioni correttamente denominate, l’alunno risponde alle seguenti domande:

  1. Qual è il problema di Tilt?
  2. Qual è l’obiettivo di Tilt?

Tempo: 15 minuti.
Criterio di padronanza: 2/2.

Dato il testo della storia “Tilt 89” già diviso in funzioni correttamente denominate, l’alunno risponde alle seguenti domande:

  1. Qual è il problema di Tilt?
  2. Qual è l’obiettivo di Tilt?
Dato il testo incompleto della storia “Il cavallino”, l’alunno scrive le due funzioni mancanti (Risposta interna e Reazione). Tali funzioni devono essere coerenti tra loro e con le funzioni Ambiente ed Evento Iniziale.
Tempo: 20,30 minuti
Criterio di padronanza: 2/2.
L’alunno completa il testo della storia “Il cavallino”.
Dato il testo della storia “Il cavallino”, organizzato nel modo seguente**, l’alunno scrive le quattro funzioni mancanti. Tali funzioni devono essere coerenti tra loro e con le funzioni Ambiente ed Evento Iniziale. Tempo: 30,40 minuti.
Criterio di padronanza: 4/4.
**La scheda riporta il testo delle funzioni Ambiente ed Evento iniziale.
L’alunno inventa lo sviluppo e il finale della storia “Il cavallino”.
Tempo: 30,40 minuti.
Dato il testo della storia “Disperati nel deserto”, l’alunno scrive la Risposta interna negli spazi previsti per ciascuno dei due episodi.
Criterio di padronanza: almeno una Risposta interna su due.
L’alunno completa la storia “Disperati nel deserto”.
Dato il testo della storia “Disperati nel deserto” con le parole “disperati“, “confortati” e “contenti” evidenziate in colore rosso, l’alunno scrive le ragioni del passaggio degli stati interni dei protagonisti:

  1. da disperati a confortati;
  2. da confortati a contenti.

Criterio di padronanza: almeno una ragione per almeno uno dei due personaggi.

L’alunno spiega perché i personaggi cambiano stato d’animo tra l’inizio e la conclusione della storia “Disperati nel deserto”.

MODELLO DI PROGRAMMAZIONE DELL’UNITA’ DIDATTICA

Se insegnare significa facilitare l’apprendimento, allora l’attività docente di previsione e programmazione dell’interazione tra insegnante e alunno non può che concernere l’individuazione delle condizioni che rendono più probabile l’acquisizione degli obiettivi da parte degli alunni.

Tra le varie accezioni circolanti di unità didattica, si propone qui quella che vede l’unità didattica come presa di decisioni anticipate sulle attività dell’insegnante e dell’alunno intenzionalmente tese al raggiungimento di uno o più obiettivi. In questo senso, programmare un’unità didattica significa prefigurare i comportamenti dell’insegnante e dell’allievo (e le relazioni reciproche che tali comportamenti determinano), prevedere l’uso di precisi materiali, anticipare la scelta di specifiche attività, accertare che l’obiettivo sia stato raggiunto.

I nodi fondamentali dell’unità didattica sono quindi sostanzialmente tre: ciò che l’insegnante si auspica che lo studente arriverà a conseguire (l’obiettivo), ciò che l’insegnante farà per facilitare l’apprendimento (la guida all’apprendimento), ciò che l’alunno farà per dimostrare a se stesso e all’insegnante che ha effettivamente appreso (la verifica dell’apprendimento). La pianificazione concreta dei nodi si articola in una sequenza di fasi.

FASI E FUNZIONI DELLA PROGRAMMAZIONE DELL’UNITA’ DIDATTICA
1 Definire l’area generale dell’apprendimento
2 Definire l’area specifica dell’apprendimento
3 Formulare gli obiettivi
4 Analizzare la rilevanza dell’obiettivo (criteri di giustificazione della rilevanza)
5 Analizzare l’idoneità dell’obiettivo (verifica dei prerequisiti)
6 Pubblicizzare l’obiettivo (a chi, come)
7 Scegliere i materiali
8 Sviluppare la guida all’apprendimento
9 Verificare la guida all’apprendimento
10 Verificare l’apprendimento
11 Fissare l’apprendimento
12 Verificare la fissazione
13 Guidare al trasferimento dell’apprendimento
14 Verificare il trasferimento dell’apprendimento
15 Fissare il trasferimento dell’apprendimento
16 Attivare e distribuire nel tempo gli esercizi di richiamo

Elaborazione da R.M. GAGNÉ (1972), Le condizioni dell’apprendimento, trad. it. Armando, Roma 1973.

CONDIZIONI FAVORENTI L’APPRENDIMENTO

  • Si può concepire l’istruzione come costituita da una serie di momenti separati [tabella: colonna di sinistra], ciascuno dei quali svolge una funzione e ha un effetto distinto sul soggetto [tabella: colonna di destra].
  •  Nell’insieme essi di solito entrano in azione pochi minuti prima dell’inizio dell’apprendimento e cessano poco tempo dopo.
  •  La loro funzione generale è di assicurare che ciò che avviene all’interno del soggetto segua un ritmo e una sequenza adatti affinché l’apprendimento abbia luogo, e anche per la ritenzione e la trasferibilità di ciò che viene appreso.
Momenti dell’insegnamentoFunzioni corrispondenti
1. Attirare e controllare l’attenzione
Uno stimolo esterno provoca il set d’attenzione appropriato.
2. Informare il soggetto dei risultati attesiUna comunicazione informa il soggetto sul tipo di performance che egli sarà in grado di compiere dopo l’apprendimento.
3. Stimolare il ricordo delle capacità prerequisite pertinentiAl soggetto vengono rammentate le abilità intellettuali pertinenti, nonché la conoscenza verbale, che egli ha già appreso.
4. Presentare gli stimoli inerenti al compito di apprendimentoGli stimoli particolari ai quali sarà diretta la nuova performance vengono resi espliciti.
5. Fare da guida all’apprendimentoIl pensiero del soggetto è diretto da suggerimenti e allusioni al compimento della performance essenziale.
6. Fornire il feedbackIl soggetto è informato della correttezza della performance appena raggiunta.
7. Valutare la performanceSi mette il soggetto in condizione di verificare la sua riuscita in una o più situazioni.
8. Garantire la fissazioneIl soggetto può esercitare il nuovo apprendimento impegnandosi più volte in esercizi e attività “vicini” alla performance appena raggiunta.
9. Provvedere al transferSi usano degli esempi in più per instaurare una maggiore generalizzazione della capacità appena acquisita.
10. Assicurare la ritenzioneSi provvede all’esercizio, all’uso della nuova capacità in modo che essa venga ricordata.

IL PROFILO FORMATIVO DELL’ALUNNO

L’espressione “profilo formativo” definisce un gruppo di caratteristiche della persona, osservabili in modo diretto o indiretto, fortemente associate al successo scolastico e strettamente dipendenti dal processo di insegnamento e apprendimento. Le variabili considerate in questa scheda sono quattro: motivazione ad apprendere, percezione di competenza, abilità sociali, strategie di apprendimento.

La motivazione all’apprendimento
È l’insieme delle cause e dei fattori dinamici che concorrono a determinare i comportamenti di apprendimento dell’individuo.
Viene tradizionalmente distinta in motivazione intrinseca, quando le cause che spingono ad apprendere sono interne al processo stesso dell’apprendimento, e in motivazione estrinseca, quando i buoni motivi che spingono la persona ad apprendere sono esterni all’apprendimento, cioè quando questo diviene un mezzo per conseguire fini altri rispetto all’incremento delle proprie conoscenze e abilità.
La motivazione ad apprendere è principalmente influenzata dagli interessi, dalla curiosità epistemica, dallo stile attributivo, dalle credenze di autoefficacia.

La motivazione (download pdf)

La percezione di competenza
È l’insieme delle convinzioni nutrite dalla persona circa la propria capacità di svolgere con successo i compiti relativi a un particolare ambito o dominio.
Nel processo di apprendimento rivestono particolare importanza la percezione di competenza scolastica, la percezione di competenza sociale e la percezione di autocontrollo della condotta comportamentale.
La percezione di competenza è un costrutto più ampio rispetto all’autoefficacia (che riguarda la fiducia nella propria capacità di assolvere efficacemente un compito specifico) e più ristretto rispetto al costrutto dell’autostima (che è un giudizio sul valore complessivo di sé come persona).
La percezione di competenza scolastica è influenzata soprattutto dai risultati che si conseguono e dalle spiegazioni causali che il soggetto di essi si dà, dai giudizi esterni (familiari, insegnanti, pari), dall’importanza che l’individuo assegna al successo scolastico.

Le abilità sociali
È l’insieme dei repertori comportamentali (verbali e non verbali) che permettono all’individuo di instaurare e mantenere rapporti positivi con gli altri, di perseguire con successo i propri obiettivi in campo relazionale senza creare sofferenze negli altri e senza provocare in essi senso di rivalsa, di affrontare e risolvere i conflitti interpersonali in modo con/vincente, ossia senza perdenti.
Il soggetto socialmente abile è una persona che utilizza la comunicazione assertiva.
Nell’ambiente scolastico rivestono particolare importanza la capacità di cooperare con i pari per il raggiungimento di un obiettivo comune (per esempio all’interno di un lavoro di gruppo), la capacità di chiedere aiuto e sostegno nelle situazioni di difficoltà di apprendimento, la capacità di fornire aiuto e supporto, cognitivo e relazionale, ai compagni in difficoltà.
Le abilità sociali sono influenzate soprattutto dalle capacità linguistico comunicative e dalle abilità di problem solving.

Le strategie di apprendimento
Sono le modalità dell’apprendimento consapevole.
Possono essere raggruppate in tre settori:

  1. le strategie di apprendimento in senso stretto (leggere in modo diverso per scopi diversi, elaborare l’informazione, prendere appunti, sottolineare, paragrafare, riassumere, porsi domande, disegnare mappe concettuali);
  2. le strategie di pianificazione del lavoro di studio (planning operativo, predisposizione dell’ambiente di studio e dei materiali occorrenti, alternanza studio/pause);
  3. le strategie di memorizzazione, mantenimento e ripasso.
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