Programmare le unità di apprendimento
- Premessa sul contesto comunicativo
La formazione intellettuale dell’alunno comprende le dimensioni affettiva e cognitiva e richiede che al termine di ciascun livello formativo siano verificate le seguenti competenze umane:
- La capacità di prevedere le conseguenze dei propri atti;
- La capacità di esprimere un giudizio su di sé;
- La capacità di scegliere tra diverse alternative e di dare una priorità alle scelte in relazione allo scopo della comunicazione.
Il contesto della ricerca
Le domande dalle quali parte la ricerca sono le seguenti:
– Può l’osservazione dello svolgersi di una relazione tra corrispondenti distanti rendere conto della modificazione del clima familiare e sociale, dei sentimenti e delle ragioni che negli anni si sono affermate nei diversi mondi di appartenenza?
– Può un’esperienza scolastica rendere conto delle opportunità possibili e dei limiti dell’apprendimento in situazione comunicativa reale?
– Quali sono i tratti comuni che consentono di intendersi?
– In quali condizioni è possibile realizzare una corretta educazione muti – culturale?
– Quale tipo di mediazione è chiesta agli insegnanti?
Nel tempo mi sono fatta l’idea che il razzismo1 sia innanzitutto uno stato dell’animo, un sentimento interno, una reazione istintiva sbagliata, non vagliata da processi mentali, scatenata spesso dalla paura. Poiché il comportamento razzista emerge per lo più in soggetti deboli e in situazioni di identità fragili e poco disponibili al confronto, sia a livello personale sia a livello collettivo, ho pensato che il rimedio andava ricercato nel verso dell’osservazione sistematica su di sé in una relazione comunicativa reale rispetto ai diversi livelli di società ai quali partecipo, nella registrazione della modificazione degli stati d’animo; della motivazione, della percezione di competenza, nel ridimensionamento dell’ immagine personale e collettiva, nell’aumento dell’autostima come soggetto pubblico e privato, capace di relazioni intelligenti e positive, nell’aumento delle strategie di analisi e di apprendimento verso la individuazione e soluzione dei problemi.
Ho chiamato questa ricerca lettura e scrittura multi-culturali per concretizzare da un lato l’esigenza di confrontarsi su testi scritti come riferimenti oggettivi, dall’altro per esplicitare come una lettura approfondita degli stessi da punti di vista differenti consenta di allargare la propria percezione di sé e del mondo e di rispondere alle domande poste in premessa.
La Lettura e scrittura multi – culturali sono proposte quindi come una serie di operazioni del cuore e del pensiero per mettere in grado di interagire più consapevolmente.
Gli interlocutori scelti per la corrispondenza sono stati studenti israeliani e palestinesi, attraverso la mediazione degli insegnanti, a partire dal 1993, data degli accordi Oslo, osservati nelle relazioni instaurate in modo diretto ed epistolare nel contesto comunicativo possibile in una realtà scolastica. Lo scopo principale è distinguere le situazioni, non creare alcun parallelo tra la vicenda degli uni e la vicenda di altri, anche se spesso mescolandosi le storie, è sempre difficile non incorrere in pressapochismi.
Perché questi interlocutori e non altri?
Perché mi sono trovata a Gerusalemme per caso o per necessità nell’ 1989 e ho ritenuto che sarebbe accaduto che taluni mescolassero anche troppo facilmente le circostanze e che sarebbe stato necessario e da subito costruire un canale stabile di studio in cui le storie fossero compresenti e differenti dato che ogni possibilità di riconoscimento reciproco avrebbe dovuto tener conto dell’altro. Inoltre il legame e la rottura tra le vicende che le hanno connotate nell’area mediterranea avrebbe dovuto tener conto della parte che vi ha preso l’Europa che per ora riesce a vedere entrambi per lo più come stranieri.
La strategia della lettura e scrittura multiculturali si propone perciò di percorrere l’esperienza della parzialità della parola e del significato che rinvia alla dimensione trascendente della parola che dice in quanto rivela soltanto alcuni dei significati possibili alla nostra comprensione e ne amplia continuamente la prospettiva. Se ogni significato parziale interagisce con il significato della stessa parola per altri, o in altri contesto o in altro tempo, la lettura multi – culturale potrebbe ridimensionare lo sguardo e proporsi di educare l’intelletto e la coscienza alla misura parziale di ciascuna identità.
Perché arabi ed ebrei come interlocutori?
- Per provare ad avvicinare la ferita più dolente di cui la storia trascorsa ci ha lasciato eredi.
- Perché l’antisemitismo accomuna ebrei ad arabi ancora oggi.
- Perché il pregiudizio razziale ancora si impasta con stati d’animo e valutazioni del tutto estranee al giudizio.
- Per costruire strumenti di osservazione, di apprendimento e di analisi utili a modificare le risposte del passato e ad inventarne di nuove in mutate condizioni storiche e nel pericolo sempre insorgente che la memoria resti finalizzata a fissare gli errori, piuttosto che ad evitarli.
Noi, perché la storia attesta la diffusione del cristianesimo come religione dello stato dal IV° secolo d.C. del prima sappiamo poco, del dopo quasi nulla per ciò che ha riguardato l’oriente più prossimo.
E ancora perché il cristianesimo, maggioritario in Europa, non ha ancora trovato il modo di relazionarsi all’ebraismo e all’islam. E perché in Italia la dimensione collettiva del popolo non riesce ancora a sostenere una dimensione laica senza opposizione o indifferenza alla religione.
Perché uno studio e una riflessione?
Per interrogarci sullo spazio comune e compatibile alla molteplicità delle forme nelle quali si esprime la trascendenza, per vedere se sia possibile ritrovare libertà e coscienza senza annullarsi o distruggerci.
Oggetto della ricerca della unità didattica è la riflessione sul linguaggio utilizzato dagli insegnanti e dagli alunni al variare delle situazioni di interazione proposte.
2. La programmazione dell’unità di apprendimento
Il modello presentato di seguito, consente di tenere sotto controllo l’impianto generale del Progetto, di poter variare le componenti di cambiamento che verranno introdotte dagli insegnanti e dalla classe nel percorso messo in atto, di osservare l’interazione tra i soggetti interagenti, di misurarne i risultati.
Lo scopo del lavoro è prima di tutto quello di ringraziare i ragazzi palestinesi che parlandoci di loro, ci hanno rinviato ai ragazzi israeliani, secondariamente quello di ringraziare entrambi che, mantenendosi interlocutori esterni, ci hanno permesso di osservare come stavamo modificando il nostro modo di fare scuola, di rapportarci ai genitori, di individuare gli elementi di novità utili a riconoscerci come interlocutori in relazione ad altri.
Il processo di costruzione di identità si verifica sulla possibilità di:
- analizzare le modificazioni sul giudizio di sé in relazione all’altro/altri;
- riformulare scopi comuni ed obiettivi futuri sui quali ri-comprendersi come partecipi insieme ad un’identità più ampia famigliare, sociale, culturale:
- mettere in luce una possibile identità di coscienza, quale contenitore che suppone per definirsi la presenza di uno sguardo esterno a sé e con-possibile alla molteplicità degli aspetti in divenire di ciascun popolo e persona.
3. La Guida all’ apprendimento => Link
Note
1 Razzismo significa ritenere che ci siano in un gruppo umano caratteristiche irreversibili e che ci siano gruppi umani che hanno caratteristiche superiori.
2 In Italia il comportamento razzista è stato stigmatizzato come negativo solo nel 1945, dopo l’abolizione delle leggi razziali del 1938. Ma almeno mille anni di razzismo stanno alle radici di tutte le visioni della vita che implicano un nemico. Tutto il colonialismo fu razzista, ma anche la subalternità delle donne fino alla seconda guerra mondiale. Per la punibilità dei comportamenti razzisti, vedi legge 13 ottobre 1975, pag. 63 di Tahar Ben Jelloun, Il razzismo spiegato a mia figlia.